Considerazioni sulle WCAG 2.0

Leggendo un articolo su A List Apart, ho trovato delle inquietanti riflessioni che riguardano le future WCAG 2.0, ovvero le linee guida da seguire per l’accessibilità dei contenuti della rete.

La prima versione delle WCAG risale al 1999, e negli ultimi tempi sono molti gli sviluppatori web che ne cominciano a seguire le indicazioni. Questo va a vantaggio di tutti gli utenti, perchè le problematiche riguardanti l’accessibilità non riguardano esclusivamente i disabili, e sarebbe un grave errore pensarlo.

Perchè allora lavorare su una nuova versione di queste linee guida? Il motivo alla base è fare in modo che le indicazioni possano essere valide in un contesto più largo, senza fare riferimento a tecnologie specifiche o a tipi di contenuti particolari, restando più generici possibile.

Faccio un esempio che sicuramente lascerà interdetti tutti coloro (me compreso) che hanno sempre seguito gli standard, ma che spiega il cambiamento: nelle WCAG 1.0 troviamo chiaro il divieto di utilizzare le tabelle per scopi presentazionali. Vanno usate (giustamente aggiungo io) solo per organizzare dati tabellari. Ma ecco la sorpresa: nelle WCAG 2.0 viene detto di non utilizzare il codice in maniera semanticamente scorretta, e basta. Viene poi semplicemente aggiunto:

“Note that the use of HTML tables for layout is not an example of this failure as long as the layout table does not include improper structural markup”

In pratica basterebbe evitare di mettere tag impropri dentro le tabelle, come th o caption.

La speranza è che questo documento subisca nuove modifiche essendo ancora una bozza, ma la preoccupazione che certi standard subiscano una decisa inversione di tendenza è abbastanza grande. Nell’articolo di A List Apart vengono indicati altri punti che fanno sorgere molti dubbi sulle WCAG 2.0, ne riporto alcuni:

  1. Un futuro sito che risponderà agli standard delle WCAG 2.0, non necessiterà di codice xhtml valido. Sarà però necessario controllare che il risultato sia uguale sui diversi browser.
  2. Potranno essere usate tabelle per il layout (come detto sopra)
  3. La pagina, o parte di essa, potrà lampeggiare per un periodo di 3 secondi (o mostrare animazioni con effetto simile).
  4. Al livello più basso di conformità alle WCAG 2.0, non sarà necessario fornire contenuto alternativo per i video pubblicati
  5. Non potrà essere usato il posizionamento fuori dallo schermo (il famoso position:absolute; top: -9000px; left: -9000px ) per mostrare contenuti solo a certi utenti, come gli utilizzatori di screenreader. Ogni visitatore dovrà vedere gli stessi contenuti.
  6. Non si potrà usare il posizionamento tramite CSS per eliminare elementi della pagina dal normale flusso del codice (ad esempio position: absolute ). L’ordine degli elementi nel codice dovrà corrispondere con l’ordine degli elementi presentati all’utente.

Questo è solo un semplice estratto, ma è abbastanza per rendersi conto di quali cambiamenti ci siano in programma. Se volete documentarvi meglio sulla vicenda, questa è la documentazione (in inglese):

Sicuramente ci saranno altri aggiornamenti sulla vicenda, ma l’impressione generale è che le basi di queste linee guida siano state gettate e difficilmente cambieranno. Aspetteremo notizie a riguardo, sperando in qualche variazione.

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Tommaso Baldovino

UX/UI Designer, professionista del web con più di 15 anni di esperienza su WordPress. Sono disponibile a seguire nuovi progetti dall'ideazione alla realizzazione finale. Scrivo ogni 2 settimane la mia newsletter.

Un commento su “Considerazioni sulle WCAG 2.0”

  1. bhe alcuni dei punti che hai riportato fanno venire la pelle d’oca…
    In particolare il 5 e il 6 minano la libertà dei designer (basta vedere l’ottimo libro transcend CSS di clarke che insegna a realizzare design semanticamente corretto criticando i float a favore delle tecniche di posizionamento…)
    Il punto 1 ha veramente poco senso…
    Mentre l’unico punto su cui sono almeno parzialmente daccordo è il punto 4 che a conti fatti risponde ad un esigenza legata alle risorse limitate di chi inserisce contenuti video. Fornire alternative testuali sincronizzate o riassunti di contenuti multimediali spesso è un onere superiore alla buona volontà di molti portali.